Le aspettative erano grandi, alimentate da settimane di sussurri, chiacchiericci e, col tempo, voci sempre più autorevoli ed insistenti, fatte circolare in rigorosa modalità bipartisan non solo da esponenti politici di varia caratura, ma anche da funzionari di rango elevatissimo in seno alla macchina amministrativa dello Stato (vero, Ruffini?).

Per questo motivo, altrettanto grande – se non addirittura superiore – è stata la delusione dei contribuenti all’indomani della pubblicazione, da parte del Governo Draghi, del cosiddetto “decreto Sostegni”, che intervenendo fra l’altro sull’ormai famigerato “magazzino” dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione (stabilendo la cancellazione delle cartelle ritenute “inesigibili”), ha introdotto, un po’ “a sorpresa”, alcune limitazioni applicative che, nella pratica, hanno completamente stravolto la natura e la portata dello strumento, per come era stato ipotizzato e preannunciato sino a poche ore prima della sua promulgazione.

Nella sostanza, infatti, la platea degli atti potenzialmente interessati dallo stralcio automatico si è drasticamente ridotta, nell’arco di una notte, da 61 a “soli” 16 milioni di cartelle e, ciò, grazie all’introduzione di due elementi che inizialmente non erano stati previsti: il primo di carattere temporale, per cui l’oggetto della cancellazione sono (solo) le cartelle anteriori al 31.12.2010 (e non al 31.12.2015, come ipotizzato sino a pochi giorni prima); il secondo di carattere soggettivo, essendo stato introdotto un limite reddituale di euro 30.000,00 (dichiarato per il 2019) per poter accedere alla misura straordinaria di cancellazione degli arretrati in sospeso.

E’ rimasto viceversa confermato il limite oggettivo di euro 5.000,00 (comprensivi di capitale, interessi e sanzioni) al di sopra del quale la cancellazione NON può comunque avvenire, ma appare evidente che la retrodatazione di ben 5 anni della finestra applicativa, unitamente all’introduzione del limite reddituale per potersene avvalere, rende, di fatto, questa nuova misura straordinaria una sorta di “doppione” del Saldo & Stralcio varato a fine 2018.

Insomma: alla resa dei conti, la proverbiale montagna che ha partorito il topolino.

Tuttavia, non può comunque ritenersi che la misura, di per sè, non abbia un senso, anzi: a voler ben vedere – a parere di chi scrive – essa appare in effetti assai più razionale, ai fini dello svuotamento del “magazzino” dai crediti realmente inesigibili, rispetto a quanto non fosse stato pronosticato, all’inizio dell’anno, da parte di coloro i quali, forse peccando di “eccessivo ottimismo”, ritenevano cosa ormai fatta la cancellazione (automatica e pressoché indiscriminata) di TUTTI i debiti esattoriali ante 2015 di importo inferiore a 5mila euro.

Una simile misura, in realtà, avrebbe avuto effetti quasi dirompenti e certamente assai discutibili: si pensi, ad esempio, ad un credito statale di 4.800 euro per contributi previdenziali, integrato in un ruolo del 2014 intestato a un soggetto con un reddito annuo di 80mila euro; per quale motivo una tale posta creditoria avrebbe dovuto esser considerata “inesigibile” di default?

Era, quindi – e sempre ad avviso di chi scrive – assolutamente prevedibile che, al momento della pubblicazione del provvedimento, l’ambito applicativo del nuovissimo stralcio gratuito (la cancellazione, infatti, non è subordinata ad alcun tipo di pagamento, nemmeno di tipo parziale) sarebbe stato drasticamente ridimensionato.

Va peraltro segnalato che, allo stato, non sono neppure chiare le modalità con le quali, in concreto, la richiesta di annullamento dei vecchi carichi sotto i 5mila euro dovrà essere presentata, dal momento che non sono ancora stati emanati i relativi regolamenti attuativi (li attendiamo per le prossime settimane, salvo eventuali contrattempi tecnici di vario genere).

Di ben maggior rilievo pratico, a questo punto, diviene piuttosto – dopo un’infinita sequela di proroghe e rinvii a colpi di D.P.C.M., dettati dal protrarsi della crisi sanitaria – la determinazione delle date “fisse” entro le quali i contribuenti interessati dovranno procedere al saldo delle rate a tutt’oggi insolute di Saldo&Stralcio e Rottamazione-ter: entro il 30 luglio, infatti, andranno versate tutte quelle di competenza dell’anno 2020 ed entro il 30 novembre tutte quelle scadenti nel 2021.

Ma è, del resto, proprio in quest’ottica che non deve sorprendere se la più volte ipotizzata “Rottamazione-quater” (che taluni ventilavano si sarebbe addirittura potuta affiancare al nuovo “Stralcio automatico”) non abbia ancora trovato spazio nell’agenda dell’Esecutivo: in una situazione generale in cui la stessa Definizione Agevolata precedente non ha ancora ben chiara la propria sorte, l’emanazione di un nuovo strumento in tutto e per tutto analogo non avrebbe trovato, presumibilmente, alcun terreno fertile su cui poter utilmente attecchire. Assai più ragionevole, a nostro avviso, è dunque attendersi l’emanazione di un provvedimento di tale portata solo dopo che l’Economia sarà definitivamente ripartita, in un’epoca in cui, fra l’altro, l’ambito di applicazione temporale della sanatoria potrà essere adeguatamente più ampio (comprendendo, ad esempio, le annate dal 2018 al 2021) e non finire per sovrapporsi, de facto, alla già barcollante Rottamazione-ter.

Studio Legale LFA